Mumbai  oltre a essere una grande megalopoli è il  più importante porto del paese, il quale ha portato un notevole sviluppo commerciale e industriale ed un notevole benessere diffuso. Qui risiede anche la più grande  bidonville dell’India. Qui la ricchezza convive con la miseria  ignorandola tranquillamente ed al calar della sera intere famiglie si stendono sotto ripari di fortuna, quando non addirittura sul marciapiede. La mattina si può notare una massa umana uscire da questi bassifondi e invadere le strade, anche persone in giacca  e cravatta che si recano a lavorare in ufficio, in una mescolanza di razze sullo sfondo di una società divisa in caste, con ricordi  di un antico  passato  inglese che ritrovi  su vecchi autobus, sulle imponenti facciate vittoriane dei quartieri coloniali, nelle partite di un gioco insulso come il cricket. Mumbai è densamente abitata da 15 milioni di persone che per i miei gusti sono decisamente troppe. L’unica  speranza è quella di rimanerci il meno possibile, ma Mumbai è  l’India e  può lasciarvi affascinati stregati  confusi o delusi, ma di sicuro non vi lascerà indifferenti.




Rajasthan
Abbiamo lasciato Mumbai con un volo per Udaipur dove arriviamo in mattinata. Siamo nel Rajasthan. Il più grande stato nord occidentale dell’India è un gigantesco e intrigante museo storico all’aperto composto da palazzi, fortezze, giardini, parchi e razze che si susseguono in un infinito gioco di colori. E poi la gente. Forse ancora più viva e pittoresca della terra in cui vivono, la sua storia, la religione, la musica ed ogni forma d’arte restano vibranti in un contesto in continua evoluzione.
Udaipur si presenta subito interessante distesa sul bordo di tre laghi.
E’ stata lo scenario di un film di James Bond, con lo sfondo del bel palazzo del Maharaja, il clima a maggio è dolcissimo ed i palazzi barocchi rendono l’ambiente fiabesco. Qui gli strati dei secoli si sovrappongono. Il palazzo resta il migliore testimone di questo intreccio d’arte, fantasia e capricci imperiali. Nel complesso una bella città. 








Chittorgarh la città in sé non è molto interessante, ma si tratta pur sempre dell’antica capitale del Mewar, con la fortezza più impressionante del Rajasthan, un’autentica meraviglia architettonica che domina l’orizzonte dall’alto della sua rupe. 







Nagda  Questa città fu fondata nel VII sec e si sviluppò fino al X sec. Quello che vedete in foto è ciò che ne rimane. Eseguito con eccezionale finezza, non c’è un centimetro quadrato libero da danze, giochi, divinità in posa, fiori e anche molte donne con  petti…  generosi. Insomma,  un classico.












Siamo in viaggio per Jodhpur. Attraversiamo le vallate dei monti Arawali dove le immagini scorrono veloci fra paesaggi bucolici, palazzi fiabeschi, catapecchie cadenti che sembra abbiano 1000 anni, nuvole di polvere e davanti a noi interminabili colonne di autocarri guidati da turbanti di mille colori spenti dall’usura del tempo mentre il sole illumina distese pianeggianti. Siamo nel cuore del Rajasthan di un’ India poco conosciuta. Arriviamo a Ranakpur, non è nemmeno un villaggio ma ha dei monumenti eccezionali, il più famoso dei quali è il tempio di Adinath consacrato al culto Jainista. Costruito nel XV sec, ha un esterno estremamente lavorato dal punto di vista architettonico e stupisce per la raffinatezza e la ricchezza decorativa. Nell’ interno un’abbondanza di dettagli architettonici e sculture danno una impressionante armonia di equilibrio e di benessere che raramente ho percepito in altri luoghi.












Jodhpur capitale dell’antico regno di Marwar si presenta sotto due aspetti ben distinti: il quartiere vecchio, labirinto di  vicoli stretti e vivaci che forma un gran bazar nei pressi della torre dell’orologio.






Arroccata su un pendio roccioso domina la città la straordinaria e maestosa  fortezza Meherangarh costruita in arenaria rossa. Con le sue mura e torri pare essere un pezzo unico con la rupe dalla quale si innalza.












Dall’alto della fortezza si può vedere una massa di colore azzurro. Sono le case . Il motivo di questa colorazione proviene dal fatto che la maggior parte delle abitazioni apparteneva ai bramini, i quali venerano essenzialmente Krishna, dal volto blu.



La strada per Jaisalmer è lunga, ma fuori dal finestrino trovo sempre qualcosa che mi incuriosisce. Fermate dell’autobus con gente che attende tra montagne di valige logore, pacchi e rotoli, il bus che arriva stracarico di uomini, donne e vecchi con bambini con il motore che sembra barrire anziché rombare e mi stupisco di come possa ripartire, mentre intorno le strade sono affollate di pedoni, biciclette, risciò, motorette, tassì e le immancabili vacche che sono ovunque con il loro passo lento, costante e indifferente  ignorate da tutto e da tutti, e ce n’é una che si ferma,  mi guarda e se ne và …… Ci vuole molta pazienza e un notevole sforzo per arrivare a Jaisalmer.  Questa città è collocata in fondo al deserto del Thar, distesa piatta, semiarida, inospitale e selvaggia.  Sorta nel XII sec venne conquistata dai musulmani nel XIV sec riuscendo a domare lo spirito guerriero dei suoi abitanti noti per la loro ferocia e il loro coraggio. Basterà ricordare l’episodio accaduto  nel  XVI  sec in cui donne si immolarono  mentre i mariti combattevano una battaglia persa in anticipo.


















Siamo in direzione di Bikaner, mi godo il paesaggio anche se il modo di guidare che hanno da queste parti mi mette sempre in agitazione tra  sfioramenti vari e sorpassi decisamente azzardati. Il tempo scorre e i km passano. Il nostro autista è un Sikh, veramente un  personaggio che sembra uscito da un film di Sandokan. La mattina prima di partire con un bastoncino di incenso tra le mani prega tutti i suoi santini che stanno in bella mostra nella sua cabina e, visto che sono qui a raccontare questo viaggio, posso dire che ha funzionato. Le immagini scorrono dal finestrino, siamo circondati dal deserto del Thar. Bikaner è una grossa città fortificata difesa da una massiccia roccaforte. Ma qui finisce il suo fascino. 
 La città vecchia è caratterizzata da pochi edifici interessanti di stile vittoriano, haveli ben conservati, molta confusione e tanto inquinamento. 











La reggia del Mahraja costruita nei primi anni del 1900 è ora trasformata in albergo nel quale abbiamo passato la notte, bello esteriormente ma dentro…... mi limito solo a  sottolineare una manutenzione molto carente.


Poco distante il tempio Karni Mata, un luogo originale dove all’interno vengono venerati centinaia di topi vivi.






Capitale del Rajasthan, Jaipur è una città frenetica che si estende per km e km provocando inquinamento ed ingorghi specie nelle ore di punta. Città caratterizzata da ampi viali alberati con un’ urbanistica interessante studiata per favorire il traffico e gli  spostamenti veloci ed innovativa alla  pari delle grandi capitali occidentali del suo tempo. Alcune costruzioni sono in arenaria rosa la quale, soprattutto alla mattina quando il sole si alza sulle case, crea uno straordinario effetto cromatico.
 L’edificio  più interessante è il palazzo dei venti che sembra una torta a vari strati, basato sull’idea di far circolare meglio l’aria all’interno.


L’osservatorio è gigantesco e si sviluppa su una notevole superficie aperta dove sono presenti vari misuratori come la meridiana, considerata la più precisa del mondo, che permette di calcolare le eclissi, l’azimut  dei pianeti, i loro movimenti ecc..




City palace è formato da una serie di cortili e piazzette che formano un gigantesco complesso di cui solo una parte è visitabile con alcune stanze adibite a musei. Un’ala  è occupata come residenza dal Mahajà, niente di speciale,  ma degna di interesse.




Arroccata in cima ad una falesia domina la fortezza di Amber, costruzione terminata nel 1700 a cui si accede da una salita che si può effettuare con grossi pachidermi che le guide turistiche indicano non trattati molto bene, quindi sono salito  a piedi.




Passata la cinta esterna si apre il vasto piazzale delle scuderie.


La facciata del palazzo è superbamente lavorata.



Situata in posizione strategica sulla strada per Dehli si costeggia il lago con il romantico palazzo del Mahraja.

   
Lasciamo Jaipur in direzione Agra e ci fermiamo ad Abhaneri, un pozzo – palazzo costruito intorno all’anno 1000 con un tempio scavato sottoterra.




Fatehpur Sikri costruita da Akbar nel 1572 ricorda vagamente il Forte Rosso. Architettura elaborata e fantasiosa, dipinge un ritratto di un sovrano curioso e versatile con molteplici tendenze religiose. Fu abbandonata una quindicina d’anni dopo la costruzione per la mancanza d’acqua dovuta all’abbassamento della falda.






E finalmente si arriva ad Agra, coronamento di un sogno. Questa destinazione giustifica sicuramente il viaggio. La città non si può definire bella, ma ospita un capolavoro architettonico  unico al mondo: il Taj Mahal,  patrimonio dell’umanità dall’Unesco dal dicembre1983 ed inserito nel 2007 fra le sette meraviglie del mondo moderno.
Attraversando il portone  entro in punta di piedi e con passi leggeri. Questo luogo parla, e racconta di un amore  perduto e mai rassegnato. Lo racconta in un silenzio commovente attraverso la costruzione di questo mausoleo. Qui la realtà supera l’immaginazione. Può un architetto possedere la tecnica per concepire un capolavoro di questo tipo?  Evidentemente sì…. il genere umano non stancherà mai di stupirmi con la sua capacità di trasmettere forza, sentimento, emozioni  attraverso  oggetti come questo mausoleo  facendoli  pulsare, rendendoli vitali. L’interno è qualcosa di stupefacente. Sapevo cosa mi sarei aspettato, ma ho trovato molto di più.  Marmo  finemente lavorato,  intarsi incredibilmente raffinati e  qui si va oltre il genio architettonico o il  semplice talento artistico, queste lavorazioni  trasudano  amore, un amore sconfinato per una persona che il destino ha portato via nel fiore della gioventù, un amore eterno di cui il mausoleo rimarrà per sempre testimone.










Furono i musulmani e precisamente gli imperatori Mogul a creare la grandezza di Agra. Il Taj Mahal vide la luce sotto l’ultimo grande imperatore Shah Jahan nel 1632 in seguito ad una promessa fatta alla moglie in punto di morte. Alla sua morte nel 1666 l’imperatore venne seppellito accanto alla moglie. La collocazione della tomba all’interno del mausoleo, non essendo prevista all’origine, rovina la perfezione altrimenti assoluta della simmetria del Taj Mahal.  Lo splendore di questo posto si sarebbe presto spento quando con la morte dell’imperatore la capitale fu spostata a Delhi. Agra venne dimenticata fino all’arrivo del vicerè dell’india l’Inglese lord George   Nathaniel Curzon il quale avviò il restauro del complesso terminandolo i primi del 900.
L’intero complesso si basa sul principio della simmetria, ricercata quasi ossessivamente anche nella distribuzione degli spazi vuoti perfettamente allineati tra di loro in tutte le strutture.

Gwalior ci accoglie con la sua poderosa fortezza. Situata a nord del Madhya Pradesh, è una cittadina caotica situata nella parte più arida della regione e sembra cresciuta insieme alla collina su cui sorge. Le pareti cascano per più di 100 metri,,e se lo guardi da lontano le mura sembrano ingentilite dalle cupole torreggianti. Il forte di Gwalior è uno scrigno di palazzi, templi e monumenti lasciati da principi e sovrani che hanno vissuto in un passato glorioso in un tempo di congiure e tradimenti.






Orccha è un miraggio, un gioiello  con le sue cupole torrette, balconi che sembrano sempre esistiti abbrustoliti dal sole di centinaia di estati, il lento assopimento di un antico splendore nella nobile malinconia dell’ abbandono ….. raggiungiamo questa antica capitale che si specchia nel fiume Betwa nel tardo pomeriggio, in un  contesto che ispira serenità, e la mia immaginazione vaga tra le vie di questa cittadina medioevale. 




Questo posto  racconta storie dove il sacro e il profano si confondono, battaglie contro  Inglesi con il Maharaja in prima fila in grande uniforme, la vita di Krishna, la nascita di Rama, Ravana che va in battaglia con il suo seguito di demoni, le incarnazioni di Visnu……..e nemmeno il  sole cocente e l’erosione della pietra da parte dei monsoni  sono riusciti a cancellare la sua magia.






Khajuraho è uno dei più famosi complessi di architettura indù di stile Nagara, e costituisce un complesso assolutamente unico per coerenza, purezza, finezza e grazia delle immagini per la quali rimane famoso in tutto il mondo. La pietra ci tramanda la storia dei costumi dell’India di  allora con grande rigore stilistico. L’opera scultorea tocca i temi più vari: la vita dei re, delle regine, guerrieri,cerimonie, lussuria….e l’accostamento più immediato è con il Kamasutra, celebre trattato di erotismo del IV sec. Secondo la cultura tantrica le scene d’amore raffigurano l’oblio, o come trascrivo dalla spiegazione ”  l’individuo entra in una fase cosmica di negazione dell’ego ed è in grado di percepire la forza divina” ……interessante teoria ma io propendo per una spiegazione più orgasmica che cosmica.  Edificata intorno al 1000 d.C  sopravvisse e prosperò fino al 1200 quando i continui attacchi da parte dei musulmani la indebolirono fino a scomparire. I templi furono riscoperti dagli Inglesi nel 1840 e cominciarono ad essere restaurati agli inizi del 1900.



















Siamo a Varanasi o Benares.  Qui di monumenti ne restano ben pochi. L’imperatore Aurangzeb cancellò ogni traccia dell’induismo e del buddismo e si spinse fino  a cambiarle il nome della città in Mohamed. Varanasi è una città che commuove e non si riparte mai uguali, è un mondo a parte, l’essenza dell’India. Qui più di ogni altro luogo si sente la vita e la morte come un vento  che attraversa i vicoli e le piazze e si incolla alla pelle, si insinua nei vestiti e ti rimane dentro. Qui  si respirano e si vivono riti millenari  e immutabili, in questo luogo non si può sfuggire a questa forza .







Talvolta i turisti si limitano ad un breve passaggio, lamentandosi per le vacche, la puzza, il rumore , le sanguisughe umane, i risciò , i mendicanti….. perdendo di vista il complesso mondo che gira attorno fatto di vita brulicante, di piccoli mestieri,di indovini, di ritmi di vita ormai persi e dimenticati. Io vi consiglio di fermarvi un attimo a contemplare questo universo, lasciate che questo città  vi scivoli davanti con i suoi ritmi ancestrali  consacrati  a Shiva, questa  è la città della morte dove si crede che chiunque muoia nella zona della Panch Koshi Road, una strada a Nord del fiume Varuna, passi direttamente nel Nirvana sfuggendo al ciclo infinito delle rinascite.  Questo desiderio di morire nei pressi del Gange spiega anche il notevole numero di palazzi più o meno lussuosi costruiti  lungo il fiume.






Siamo arrivati all’ultima tappa di questo viaggio, siamo a  Sarnath, un piccolo villaggio tranquillo ma che ospita un sito archeologico importante. Ci vuole una notevole fantasia a far parlare queste pietre, ma qui davanti a questo stupa imponente,  in questo luogo preciso Siddharta Gotama pronunciò il primo sermone davanti ai suoi discepoli. Era il 530 aC.  Ringrazio Elisa e Gaetano per la loro pazienza, Rossella e Sergio, Mr. Olimpio e Magda, Luciana e Benito, Lucia e Luigi, Grazia, Mimmo e la nostra guida Rama.







L’altra faccia dell’india:
“ Alcune persone vivono un sogno mentre il resto del mondo vive in un incubo ”
                                                                                   Fabio Toini

Dopo  la dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America nel 1776, la rivoluzione Francese del 1789, l’indipendenza indiana del 1947 è la terza data determinante per la diffusione della democrazia nel mondo …….democrazia, mai parola è stata più vuota di significato che in questo contesto. Due anni dopo l’indipendenza  il parlamento indiano ratificò nella costituzione la politica coloniale Inglese assegnando allo stato la gestione dei territori tribali. Da un giorno all’altro gli aborigeni vennero trasformati in occupatori abusivi delle loro stesse terre, ed un intero sistema di vita venne criminalizzato in cambio del diritto di voto. Questa democrazia li deruba del diritto alla sopravvivenza e alla dignità. Gli  Oraon, i Kol, i Santal, i Munda e i Gond si sono ribellati più volte contro gli Inglesi, gli esattori, i Maharaja e gli strozzini, e le rivolte sono sempre state represse senza pietà. In migliaia sono stati uccisi nell’indifferenza totale della comunità internazionale, ma la gente non si è mai arresa. Oggi i  nemici che si fronteggiano sono impari: da una parte c’è una superpotenza in ascesa ben armata, con soldi, potenza di fuoco, mezzi di comunicazione  e che da quando è diventata una nazione sovrana si è trasformata quasi subito in una potenza coloniale annettendo territori e non esitando mai a ricorrere a interventi militari per affrontare problemi politici, come nel Kashmir, nelle rivolte naxalite nel Bengala occ, nelle zone tribali dell’India centrale ecc.. Sono state uccise migliaia di persone ed altrettante torturate dietro la maschera della democrazia. Dall’altra ci sono semplici contadini con armi tradizionali sostenuti da guerriglieri superbamente organizzati e fortemente motivati e con alle spalle un’incredibile storia di ribellioni armate, i Maoisti.  Maoista è sinonimo di Naxalita, nome che deriva dal villaggio Naxalbari nel Bengala occ. che fu al centro della prima rivoluzione indigena. I Maoisti e i paramilitari sono avversari di lunga data scontratisi più volte in passato, ognuno conosce le tattiche dell’altro ed ogni volta che i Maoisti sembrano sconfitti o sterminati, risorgono più organizzati e determinati che mai, forti anche del fatto che non conoscono avidità e che quindi non ci sarà mai speranza di sconfiggerli. Ma contro chi sono condotte  queste guerre? Musulmani, Cristiani, Sikh, Comunisti, Dalit, Tribali e soprattutto i poveri che osano opporsi al loro destino. Queste  sono contraddizioni di fondo con le quali  la democrazia indiana deve fare i conti, anche se per me  è difficile non vedere che lo stato indiano è essenzialmente uno stato di caste alte indù animato da un’istintiva ostilità verso l’altro. Oggi queste guerre dimenticate si combattono nelle foreste ricche di minerali patria degli Adivasi e aborigeni dell’India,  foreste che vengono  sventrate  e trasformate, la polvere rossa riempie le narici e i polmoni, l’acqua è rossa, le persone sono rosse, polmoni e capelli rossi…..ed i camion viaggiano ininterrottamente giorno e notte per trasportare minerale. Le città crescono come funghi, gli economisti sono entusiasti, il pil è in costante crescita, e contratti per miliardi di dollari sono offerti da multinazionali per costruire acciaierie, raffinerie, centrali, dighe. Affinchè questi contratti si trasformino in denaro, come in una storia già vista  tribali e aborigeni  devono andarsene.
Da qui la guerra.